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Dicembre 1, 2012
9:00 ama6:00 pm

Interventi psicoeducazionali nel trattamento delle psicosi.

Tipologia di evento: work-shop

Sede: Teatro Affratellamento – Firenze

Data: sabato 1^ dicembre 2012

Programma:

Ore 9-12

Chair: Carlo Faravelli

Laura Mairaghi – Psicoeducazione individuale e intervento familiare negli esordi di psicosi

Maria Novella Papini – La psicoeducazione nel gruppo  familiare.

Monica Della Corte – Interventi psicoeducazionali e gruppi di auto-mutuo aiuto.

Pausa pranzo

Ore 13 – 18

Chair: Sandro Domenichetti

Franco Veltro – Gruppi psicoeducativi nel SPDC

Maurizio Miceli – L’intervento psicoeducazionale alla terapia farmacologica

Relatori:

Monica Della Corte – Psicologa-psicoterapeuta – Firenze

Laura Mairaghi – Psicologa, SOS-Salute Mentale Adulti – Firenze-3

Maurizio Miceli – Psichiatra, SOS-Salute Mentale Adulti – Firenze-3

Maria Novella Papini – Psicologa, Dipartimento Psicologia – Università di Firenze

Franco Veltro  – Dipartimento Salute Mentale – Campobasso

Le psicosi nello spettro della schizofrenia sono disturbi mentali con un alto impatto in termini di disabilità e sofferenza. Il decorso clinico delle psicosi è caratterizzato da episodi acuti ricorrenti con un impatto negativo continuo sul benessere sociale, lavorativo e personale del paziente affetto (Wiersma, 1998, Leucht et al., 2007; Saha et al., 2007).

La prevalenza nella popolazione generale è dello 0.5-1%, con un più alto rischio e con un decorso peggiore nei maschi rispetto alle femmine (McGrath et al., 2008).

I costi per i pazienti, i loro familiari e la società sono enormi e sono prodotti principalmente dai costi diretti delle terapie legati all’ospedalizzazione (Knapp et al., 2004; Mangalore and Knapp, 2007). Inoltre, costi ancora più sostenuti risultano dalla perdita di produttività (mancanza di lavoro dei pazienti affetti e assenze dal lavoro da parte dei familiari che si prendono cura di loro), coinvolgimento dei servizi giudiziari e spese di previdenza sociale (Lauber et al., 2005; Murray and Lopez, 1996).

 

Un fattore che influenza negativamente il decorso e l’evoluzione delle psicosi aumentando il rischio di ricadute, ospedalizzazioni ripetute e un più alto impatto negativo sulla vita familiare, è la scarsa adesione alla terapia dimostrata dai pazienti con diagnosi di psicosi.

La non-aderenza alla farmacoterapia è presente dal 41 al 50% dei pazienti con diagnosi di schizofrenia (Lacro et al., 2002, Nosè et al., 2003), ed è predittivo di un più alto rischio di ricadute e riospedalizzazioni con una frequenza 5 volte superiore rispetto ai pazienti aderenti alle farmacoterapie (Mc Cann ed al., 2008).

La farmacoterapia è considerata il più importante intervento terapeutico nel trattamento delle psicosi nello spettro della schizofrenia. Migliorare l’aderenza alla farmacoterapia significa favorire un migliore decorso della malattia e soprattutto ridurre il rischio di ricadute e riospedalizzazioni, condizioni, queste ultime, in grado di influenzare negativamente l’impatto della malattia, in quanto causa di stress (particolarmente se le ospedalizzazioni sono ripetute).

 

Negli ultimi anni sono stati sviluppati molti programmi educazionali, rivolti prevalentemente ai pazienti e ai loro familiari, aventi lo scopo di migliorare la conoscenza della malattia, dei suoi sintomi, decorso ed evoluzione (Wykes et al., 2007, Lincoln et al., 2008).

 

Gli interventi psicoeducazionali si basano sul modello stress-vulnerabilità-coping (Fowler, 1995; Falloon, 1999; Perris, 1994). Questo approccio definisce lo stress come uno squilibrio psico-biologico che si determina in presenza di eventi di vita che non si è più in grado di fronteggiare e assume che ogni persona abbia una particolare diversa vulnerabilità allo stress.

Le modalità di pensiero e le reazioni emotive allo stress con i relativi comportamenti rappresentano le personali strategie di coping di ogni individuo.

Secondo questo approccio i risultati sulle condizioni di salute mentale sono migliori se si riesce a ridurre la vulnerabilità allo stress (farmaci) o strategie di coping più funzionali.

 

Programmi psico-educazionali sono stati sviluppati per migliorare l’aderenza alla farmacoterapia cercando di ridurre irrazionali ed errate convinzioni sui farmaci e sui loro effetti collaterali, aumentando la tolleranza agli inevitabili effetti indesiderati e promuovendo strategie e capacità di soluzione dei problemi per fronteggiare le problematiche quotidiane legate alla malattia. Studi sulla reale efficacia di questi programmi hanno dimostrato il loro effetto protettivo sul rischio di ricadute e sulla probabilità di riospedalizzazione, con una dimensione dell’effetto (effect-size) media calcolata secondo il metodo della media standard delle differenze di Cohen (Cohen’s d) rispettivamente d=0.18 (95% CI=0.13 – 0.49) e d=0.58 (95% CI=0.27 – 0.89) (Lincoln et al., 2007).

 

Diversi modelli complessi di intervento hanno lo scopo di coinvolgere sia i pazienti che i loro familiari, in quanto la malattia dal suo esordio ha un decorso cronico e implica un pesante impatto sulla famiglia. Il paziente, infatti, non è in grado di mantenere costantemente un ragionevole livello di autonomia e indipendenza senza il supporto di un suo familiare. I programmi psico-educazionali che coinvolgono la famiglia del paziente sono risultati più verosimilmente in grado di produrre risultati positivi sul decorso della malattia (Lincoln et al., 2007).

Sulla base delle evidenze di questi studi Falloon e collaboratori svilupparono un metodo di intervento nei pazienti schizofrenici centrato sulla psico-educazione dei pazienti e dei loro familiari (Falloon et al., 1985, Falloon and Fadden, 1993).

Questo metodo include:

  1. sessioni di intervento con lo scopo di aiutare i pazienti e i loro familiari a riconoscere precocemente gli eventi stressanti e quei segni precoci di rischio di ricaduta attribuibile allo stress;
  2. sessioni in grado di sviluppare strategie e capacità di soluzione dei problemi per fronteggiare le problematiche quotidiane (Falloon and Fadden, 1993).
  3. sessioni con lo scopo di sviluppare una aderenza ottimale alla farmacoterapia.

 

Già dalla prima valutazione, questo metodo risultò efficace: al follow-up di due anni, le frequenze di ricadute erano marcatamente differenti (17% e 83%) e la terapia familiare determinò anche una riduzione delle ospedalizzazioni dei pazienti, un miglioramento della loro funzione sociale e un più basso livello di impatto negativo sulla famiglia e sulla malattia (Falloon et al., 1985). Diversi altri studi confermarono l’efficacia di questo metodo sul rischio di ospedalizzazione e per il suo impatto sulla famiglia e sul funzionamento sociale del paziente (Falloon et al., 1993) con promettenti risultati anche sull’adesione alla terapia farmacologica.

 

Nel nostro Paese la praticabilità di questi interventi nei servizi di salute mentale è stata dimostrata in Centri Salute Mentale (Magliano et al, 2009) e in  SPDC (Casacchia e Roncone, 2000; Veltro e coll., 2008).

In alcuni servizi del Dipartimento di Salute Mentale dell’ASL 10 si sono sperimentate delle positive esperienze nell’applicazione degli interventi psicoeducativi (gruppi di familiari, disturbi bipolari, SPDC, esordi psicotici).

 

Questo progetto si propone di illustrare e diffondere nei servizi di salute mentale la pratica degli interventi psicoeducativi per gruppi di familiari di persone affette da disturbi psichici,

 

Saranno effettuati degli incontri periodici di tipo psicoeducazionale con gruppi di familiari di pazienti con disturbi psichiatrici in carico al SOS-SMA Firenze 3. Gli incontri, della durata di 2 ore, saranno condotti da una psicologa e/o da un medico psichiatra del servizio di salute mentale.

 

L’incontro conclusivo, finalizzato ad una valutazione e discussione dell’esperienza, coinvolgerà familiari, pazienti e operatori di servizi di salute mentale con particolare riguardo agli psichiatri per quanto riguarda il tema dell’adesione alla terapia farmacologica.